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Conversazioni WhatsApp, possono essere usate in un processo?

Conversazioni WhatsApp, possono essere usate in un processo? Quante volte ci siamo fatti questa domanda?

Nel nostro caso, in un procedimento cautelare nel quale la controparte richiedeva il sequestro giudiziale di un’autovettura davanti al Tribunale di Vercelli. In particolare il ricorrente sosteneva di aver venduto l’auto in questione alla resistente ed eccepiva il mancato pagamento del prezzo che suppostamente era stato stabilito. Indicava, inoltre, un informatore (testimone) che sarebbe stato in grado di confermare le circostanze. 

La resistente si rivolgeva al nostro studio, sostenendo che l’autovettura fosse stata un regalo (fatto tramite terzi) proprio dell’informatore con il quale aveva avuto una relazione sentimentale da poco conclusa.

Oltre alla fondatezza delle pretese del ricorrente, dunque, la nostra difesa si concentrava anche a dimostrare l’inattendibilità dell’informatore indicato dal ricorrente.

L’unica prova spendibile della relazione tra la resistente e l’informatore era la chat Whatsapp intercorsa tra i due nell’anno precedente.

La natura cautelare della causa non consentiva, tuttavia, di poter estrapolare con modalità certificate dette chat perché il procedimento in questione è caratterizzato dall’urgenza e dai tempi brevi. Venivano, quindi, depositati alcuni stralci delle conversazioni che consentivano di provare l’esistenza della relazione sopra descritta. 

Alla luce delle risultanze, tra l’altro, delle chat, il Giudice respingeva la domanda del ricorrente finalizzata al sequestro dell’autovettura e lo condannava, altresì, alla rifusione delle spese legali in favore della nostra assistita.

SENTENZA TRIBUNALE DI VERCELLI

 

📍 Articolo in lingua albanese  🇦🇱

 

                                                                                                                                                                                                                                                                        Foto di Dima Solomin su Unsplash