Assegno sociale INPS negato al cittadino extracomunitario.
Gli allontanamenti temporanei non fanno venire meno il requisito del soggiorno legale e continuativo nel territorio nazionale
Sentenza Tribunale di Busto Arsizio
Assegno sociale INPS negato al cittadino extracomunitario, il Tribunale di Busto Arsizio interviene, con un’interessante sentenza, sui requisiti utili ai fini dell’ottenimento dell’assegno sociale INPS (di cui alla legge n. 335/1995) da parte del cittadino extracomunitario.
In particolare, interpreta il requisito del soggiorno legale e continuativo nel territorio nazionale, introdotto dall’art. 20, comma 10, del D.L. n. 112/2008, convertito con modifiche dalla legge n. 133/2008.
Nel caso in questione, l’INPS territoriale rigettava la domanda di assegno sociale avanzata dall’assistita, cittadina albanese con permesso di soggiorno di durata illimitata. L’Istituto, limitandosi ad un mero calcolo matematico, riteneva, in particolare, che gli spostamenti della richiedente, da e verso l’Albania, nei dieci anni precedenti la domanda, fossero sintomo di mancato radicamento della stessa nel territorio nazionale.
D’altro canto, la difesa ha chiarito come gli allontanamenti dal T.N. non possono, sic et simpliciter, costituire motivo di interruzione del legame che la richiedente aveva costruito con l’Italia nei lunghi anni di residenza.
Il tribunale, sposando a pieno la tesi della difesa della ricorrente, ha stabilito che gli allontanamenti meramente temporanei dall’Italia (anche laddove superassero i 300 giorni), non fanno venire meno il requisito di cui all’art. 20, comma 10, del D.L. n. 112/2008, considerato anche l’arco temporale decennale.
Si legge, infatti, in sentenza che “… va ricordato che il legislatore del 2008, introducendo il requisito della residenza qualificata, ha inteso riconoscere la prestazione assistenziale ai cittadini stranieri che abbiano maturato un legame stabile e duraturo con il nostro Paese, senza tuttavia configurare un ostacolo alla libertà di circolazione, assicurata tanto dall’art. 16 della Costituzione, quanto dagli artt. 21 e 45 del TFUE. In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte, secondo cui la continuità della permanenza non implica una violazione della libera scelta del singolo e “si sostanzia in un radicamento territoriale che non si identifica con la assoluta, costante e ininterrotta permanenza sul territorio nazionale” (Cass. n. 16867/2020; cfr. anche Cass. n. 16989/2019)”.
Il Tribunale ha, quindi, riconosciuto il diritto della ricorrente a percepire l’assegno sociale e condannato l’INPS al pagamento della misura stessa a far data dalla richiesta avanzata in sede amministrativa, nonché al pagamento delle spese di lite.
Qui invece troverete un altra sentenza contro l’INPS nell’interesse del nostro assistito.
Complimenti per la sentenza.
È triste pensare che purtroppo in Italia, casi simili a quello del vostro assistito siano tantissimi. Molti dei quali finiscono senza alcuna opposizione da parte del cittadino avente pienamente diritto. La bella notizia di queste sentenze è il riconoscimento del diritto del cittadino, mentre quella brutta purtroppo è che le spese di lite e quelle procedurali sono a carico di tutti noi contribuenti… Sono dell’idea che la condanna alle spese di lite deve essere richiesta da voi legali in sede di giudizio a carico della persona responsabile della procedura, ovvero del funzionario INPS che ha firmato il rigetto della domanda dell’assegno sociale e non a carico dell’INPS…. Giù le mani dai contributi dei contribuenti;).
Grazie per il suo commento.
Purtroppo la situazione è questa; le stesse istituzioni non rispettano la legge, creando un danno diretto agli interessati ed alla comunità. Quanto alle spese legali, la legge non prevede la possibilità per noi avvocati di richiederle al singolo funzionario perché la controparte processuale è e rimane l’ente. Quest’ultimo, eventualmente, potrebbe prendere provvedimenti nei confronti del proprio dipendente che sbaglia. Responsabile rimane comunque l’INPS, anche perché le linee guida vengono imposte dall’ente e non certo decise dal singolo impiegato dell’ufficio periferico di volta in volta chiamata ad esaminare la domanda.