Divorzio cittadini stranieri in Italia

Divorzio di due cittadini extracomunitari residenti in Italia – quale legge applicare?

Le modalità più rapide per sciogliere il vincolo matrimoniale.

Divorzio di due cittadini extracomunitari residenti in Italia: vediamo come si fa. Prima di tutto occorre ricordare che, anche se il matrimonio è stato celebrato all’estero, la coppia non ha necessità di recarsi nel Paese di origine, di uno o di entrambi i coniugi, per instaurare il giudizio. Infatti, il Regolamento UE 2201/2003, all’art. 3, comma 1, lett. a), prevede che il Giudice italiano può conoscere la domanda se:

  • i due coniugi, cittadini stranieri, sono entrambi residenti in Italia;
  • i coniugi hanno avuto in Italia l’ultima residenza comune e uno dei due vi risieda ancora;
  • il coniuge convenuto in giudizio è residente in Italia;
  • nel caso in cui i coniugi abbiano deciso di avviare una procedura congiunta, se entrambi i coniugi sono d’accordo a rivolgersi al Giudice italiano;
  • il coniuge che introduce il giudizio ha la residenza abituale in Italia e vi ha vissuto per almeno un anno prima della domanda;
  • il coniuge che agisce in giudizio abbia vissuto in Italia per 6 mesi e sia cittadino italiano.

La lettera b) della norma in parola, invece, prevede disposizioni ad hoc nel caso in cui i coniugi siano entrambi cittadini del Regno Unito o dell’Irlanda.

Una volta che il procedimento viene effettivamente radicato davanti al Giudice italiano, è possibile poi fare in modo che egli applichi la legge della cittadinanza dei coniugi qualora questa preveda una procedura più veloce. Quando e come è possibile fare questo?

Prima di tutto, occorre fare una breve premessa in merito alle norme italiane attualmente in vigore.

In Italia si procede, infatti, con un giudizio di separazione e un successivo procedimento di divorzio, tra i quali deve intercorrere un preciso arco temporale, a seconda del tipo di procedura scelta. In particolare:

  • Ipotesi della separazione c.d. consensuale

  • Procedura dinanzi al tribunale: richiede che i coniugi abbiano raggiunto un accordo sia sulle questioni economiche, sia sull’affidamento e la gestione dei figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti. Il giudice provvederà ad omologare le condizioni proposte nel caso in cui non ravvisi un contrasto con gli interessi dei figli. In questo caso, è sufficiente attendere 6 mesi, decorrenti dall’omologa della sentenza di separazione, per poter introdurre il successivo giudizio di divorzio;
  • Convenzione di negoziazione assistita: si tratta di un accordo concluso tra i coniugi, con l’assistenza di due avvocati, in merito alle condizioni di separazione, sia in caso di assenza di figli, sia nel caso di figli minori o maggiorenni non autosufficienti o portatori di handicap. La convenzione è equiparata alla sentenza che conclude la fase della separazione consensuale. Tale convenzione può essere conclusa anche nel caso di divorzio.
  • Accordo di separazione dinnanzi all’ufficiale di stato civile: in caso di assenza di figli, i coniugi possono comparire direttamente dinnanzi all’ufficiale di stato civile per concludere un accordo di separazione, sempre che esso non contenga trasferimenti patrimoniali tra le parti.

 

  • Ipotesi della separazione c.d. giudiziale:

  • i coniugi non riescono ad addivenire ad un accordo in merito alla volontà di separarsi o in merito alle condizioni della separazione. Benché questo procedimento abbia natura contenziosa, i coniugi possono sempre raggiungere un accordo e passare al primo tipo di separazione. In caso di consensualizzazione della procedura, il termine per introdurre il giudizio di divorzio resta quello di sei mesi. Nel caso in cui la consensualizzazione non dovesse avvenire, il procedimento terminerà con sentenza di separazione giudiziale e ,dal momento del passaggio in giudicato della sentenza, sarà necessario attendere un termine di 12 mesi per introdurre un giudizio di divorzio.

Anche il successivo giudizio di divorzio può avvenire con procedura consensuale oppure giudiziale.

Come sopra esposto, le tempistiche per sciogliere definitivamente il vincolo matrimoniale con le norme italiane sono lunghe, soprattutto in caso di procedura giudiziale. Invece, molti Paesi stranieri hanno leggi che permettono di passare direttamente alla fase del divorzio. I coniugi, al momento della presentazione del ricorso, possono accordarsi sulla legge da applicare, ai sensi dell’art. 5 del Regolamento UE n. 1259/2010, scegliendo tra:

  • la legge dello Stato della residenza abituale: nel caso in cui risiedano entrambi in Italia, sarà ancora la legge italiana;
  • la legge dello Stato dell’ultima residenza comune dei coniugi al momento della conclusione dell’accordo: nel caso in cui i coniugi abbiano avuto l’ultima  residenza comune in Italia e uno dei due vi risieda ancora, la legge sarà ancora quella italiana;
  • la legge dello stato di cui uno dei due coniugi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo: in questa ipotesi, se almeno uno dei due coniugi è cittadino straniero e la legge del proprio stato permette di sciogliere il vincolo matrimoniale senza instaurare il giudizio di separazione, è possibile accordarsi per richiedere l’applicazione della legge straniera;
  • la legge del foro: se il ricorso è stato depositato in Italia, la legge applicabile sarà quella italiana.

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